In molti sostengono l’esistenza di differenze sostanziali nel modo in cui uomini e donne esercitano la leadership. L’intento di questo articolo è proprio quello di approfondire l’argomento è capire se si tratta di una visione realmente corretta oppure basata su false credenze.
Quello della leadership, e le sue presunte differenze di genere, sono degli argomenti ad oggi oggetto di diversi studi internazionali. Anche se ancora c’è molto da scoprire sul tema, possiamo iniziare ad offrire una delucidazione circa quelli che sono gli aspetti psicologici che intervengono nella gestione delle diverse situazioni, sia personali che professionali.
Iniziando da un punto di vista maggiormente scientifico si può asserire che l’attività neurale femminile si riscontra, tra le altre cose, soprattutto in quelle aree del cervello in cui si formano pensieri e parole che, connettendosi tra loro, sfociano nella memoria e interagiscono con le emozioni, amalgamandosi poi ai recettori sensoriali (dispositivi biologici che trasducono forme di energia nel linguaggio del sistema nervoso).
Compatibilmente a questo gli uomini risentono per lo più di una attività neurale incentrata sull’intelligenza corporeo-cinestetica.
Ne consegue, quindi, che troverà più spazio di interesse la compagine muscolare, dove i recettori, dunque, saranno maggiormente disposti e la sensibilità avrà natura propriocettiva.
Da ciò è possibile dedurre, quindi, che le donne si affideranno maggiormente a spiegazioni teoriche prima ancora che pratiche, e al contrario gli uomini saranno più inclini al passare all’azione.
Da cosa è dovuto?
Dall’entrata in campo di due componenti del cervello, appartenenti ad entrambi i generi ma di spessore e rilevanza diversi: l’ippocampo per le donne e l’amigdala per gli uomini.
Se il primo può, infatti, essere considerato il centro mnemonico umano, il secondo stimola una più repentina risposta fisica alle situazioni che necessitano immediata risoluzione (confronto a quella femminile di carattere più emotivo).
Addentrandoci nella questione e scoprendone la superficie, si può realizzare come la secrezione chimica renda chiari i distinguo: se gli uomini elaborano e rilasciano sostanze quali testosterone e vasopressina, le donne compiono lo stesso processo ma con protagonisti estrogeni, progesterone, serotonina e ossitocina. Risulta interessante notare che, se la serotonina è in grado di calmare gli impulsi, l’ossitocina aiuta a creare legami.
(Approfondimenti: Ormoni maschili e ormoni femminili)
E’ fondamentale comprendere come le differenze innate delle Persone entrino in gioco nel momento in cui queste devono collaborare e prendere decisioni. Questo può permettere non solo la realizzazione di un luogo di lavoro sano ma anche l’implementazione di diverse strategie comunicative a seconda delle situazioni, incentivando quello che si può definire “pensiero laterale“.
La stesura di questo articolo è stata possibile attraverso la sovrapposizione di una spiegazione di tipo “comportamentista” ad una più scientifica a sostegno di tesi che ancora oggi sono in via di sviluppo.
Di seguito, e arrivando quindi al nocciolo della questione, alcune differenze sostanziali tra le caratteristiche maschili e quelle femminili.
Uomini:
– Quando legano con i propri collaboratori la connessione, spesso breve ma intensa, può essere fisica, emotiva o allargarsi al raggiungimento di obiettivi – quindi attraverso azioni e competitività;
– Più cura e devozione a scale gerarchiche, pattern di pensiero e azioni riproposte a mo’ di rituale;
– Minimizzazione delle emozioni (spesso riconducibile all’idea di “mascolinità tossica“) al fine di raggiungere il risultato;
– In linea generale, maggiore predisposizione all’indipendenza dei propri collaboratori fintanto che l’azienda ne trae beneficio.
Donne:
– L’intrattenimento delle conversazioni risulta più costruito e dedicato. Si lascia spazio, infatti, a una condivisione attiva delle esperienze vissute;
– Meno limitazioni in merito alla spiegazione di come svolgere un compito. Maggiore predisposizione a “insegnare in corsa”;
– Predilezione di un approccio multitasking al fine di determinare le azioni all’interno del team come di pari importanza per il raggiungimento dell’obiettivo finale;
– Accortezza nel non ferire i sentimenti altrui che, in alcuni casi, può intendersi come maggiore intelligenza emotiva. Talvolta questa caratteristica può ledere l’immediata risoluzione dell’obiettivo preposto;
– Rischio di rinuncia di alcuni aspetti inerenti alla propria indipendenza, così da abbracciare i bisogni altrui.
Per ulteriori approfondimenti consiglio la lettura di:
Effects of Gender on Leadership – Hadeel Yaqoub, California University of Pennsylvania
Nonostante alcuni di quelli segnalati siano ascrivibili come “luoghi comuni”, è fondamentale confrontarli con le caratteristiche elencate all’inizio, comprendendo come anche le più semplici reazioni chimiche nel cervello possano in realtà condurre ad aspetti socialmente riconoscibili dalla massa – e che, purtroppo, spesso comportano pregiudizi. Un’organizzazione sana, dunque, necessità di ambo le figure al fine di mantenere un equilibrio stabile capace di condurre a una prosperità che chiunque desidera raggiungere.
Il vero arricchimento, e non solo in termini monetari ma anche e soprattutto professionali, deriva dalla capacità di collaborazione tra le Persone facenti parte delle realtà aziendali. Così come gli uomini possono e devono imparare delle donne è altrettanto importante che avvenga il contrario in un clima di cooperazione e massimo rispetto reciproco.
Immaginiamo una riunione dove i livelli di cortisolo (indicatore di stress) aumentano al suo protrarsi.
In questo caso le donne producono maggior ossitocina, puntando a proteggere la coesione relazionale creata antecedentemente.
Al contrario gli uomini secretano più testosterone che li porta a asserire dominanza al fine di “marcare il territorio”.
Non comprendere come gestire situazioni simili appoggiandosi alla conoscenza anche solo della più basica psicologia umana, rischia di compromettere non solo il gruppo lavoro ma, di rimando e nel medio-lungo periodo, il possibile successo dell’intera organizzazione in cui questa mancanza di consapevolezza si manifesta.
Investire in percorsi di coaching volti a migliorare comunicazione e ascolto attivo, quindi, risulta essere un’ottima strategia iniziale per sviluppare un’azienda più matura e comprensiva nei confronti di tutti. Soltanto così sarà possibile abbandonare quelli che sono i pregiudizi legati ai gender roles più dannosi e alla creazione di vertici aziendali davvero pronti ad affrontare il cambiamento che stiamo vivendo.
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