Un lavoro appagante è fondamentale per poter vivere appieno la propria vita. In Italia diviene ancora più difficoltoso per le persone appartenenti alla comunità Lgbt+ che vedono i propri diritti non sempre pienamente rispettati.
Le discriminazioni sul luogo di lavoro possono manifestarsi in maniera più o meno palese e diretta e in diversi modi e situazioni: accesso al lavoro, condizioni lavorative, retribuzione, avanzamenti di carriera, accesso a corsi di orientamento e formazione, demansionamento, espulsione dal lavoro a causa di licenziamento illegittimo. La discriminazione può essere ancora più diretta quando si appartiene ad una comunità Lgbt+.
Come fare per evitare una tale discriminazione? Quali sono i diritti inviolabili che un datore di lavoro dovrebbe rispettare se si trova davanti un lavoratore o lavoratrice Lgbt+? Scopriamo il vademecum.
Di frequente, più di quanto si pensi, una persona Lgbt+ sul posto di lavoro è trattata meno favorevolmente rispetto a un altro dipendente non appartenente a tale comunità. La discriminazione è spesso indiretta quando per esempio una prassi o un comportamento in apparenza neutri mettono le persone di un orientamento sessuale o identità di genere in una situazione di particolare svantaggio rispetto ad altre.
Discriminare un lavoratore Lgbt significa trattarlo in maniera sfavorevole rispetto ad altri lavoratori e lavoratrici, in ragione del suo orientamento sessuale o della sua identità di genere. La discriminazione nei confronti delle persone Lgbt è una delle tante manifestazioni dell’omo-bi-lesbo-transfobia, ovvero l’insieme di comportamenti e atteggiamenti di avversione e intolleranza nei confronti di tali persone basati su stereotipi e pregiudizi.
Prima del 2011 nessuna indagine scientifica di spicco si era occupata di studiare le condizioni lavorative delle persone Lgbt+. Le uniche fonti informative disponibili erano quelle giornalistiche e personali. Ma oggi è cambiato qualcosa in merito ai diritti dei lavoratori/trici Lgbt in Italia?
Quello della mancanza dei diritti dei lavoratori Lgbt è un problema ancora dilagante nel nostro Paese. Da considerare che negli anni si sono fatti alcuni passetti avanti nell’arginare la discriminazione delle persone Lgbt anche sul luogo di lavoro. Infatti, la discriminazione coinvolge direttamente solo una parte minoritaria dei lavoratori Lgbt: non tutti sono vittime di mobing, molestie, demansionamento ecc.
Ma l’impatto indiretto su tali persone è invece molto più amplio, al punto tale che è legittimo ipotizzare che tutte le persone Lgbt si ritrovano, in un modo o nell’altro, a farci i conti sia per esperienza personale diretta sia in termini di aspettative lavorative. Si tratta di un fenomeno complesso dal punto di vista delle reazioni umane negli ambienti lavorativi.
A rendere più complesso il tutto è anche la mancanza o la carenza di forme di sostegno ufficiali su cui poter contare nel momento del bisogno. Al momento i provvedimenti che vengono messi in atto si rivelano efficaci ma solo in una minoranza dei casi. Spesso quando la discriminazione si manifesta, le persone Lgbt vittime in tal senso si ritrovano spesso sole a gestire problematiche complesse e senza tutele.
E la piaga della discriminazione in questo senso non riguarda determinate zone geografiche in Italia ma il “problema” è difatti esteso ovunque, da Nord a Sud, isole comprese. Da evidenziare però l’esistenza di diverse associazioni che si occupano proprio di queste dinamiche e che hanno l’obiettivo di sostenere attraverso la legge e i diritti migliaia di gay, lesbiche, bisessuali e di trans che, nonostante l’avverso scenario discriminate possono conseguire un inserimento nel mercato del lavoro soddisfacente, di qualità e vantaggioso per tutte le parti.
In poche parole se da un lato c’è chi difende il diritto alla privacy, dall’altro lato c’è chi sottolinea che i lavoratori Lgbt “invisibili” non sono in grado di essere protagonisti delle scelte fondamentali che li riguardano. L’impressione è che, mentre la comunità Lgbt pare abituata a convivere con tale molteplicità di opinioni, gli stakeholder, viceversa, sembrano fermi di fronte a tale diversità. Le loro proposte in fatto di soluzioni concrete al problema delle discriminazioni Lgbt sul lavoro in molti casi, appaiono fondate su semplificazioni.
Nei riguardi delle persone Lgbt, rimane forte l’esigenza di continuare a promuovere l’empowerment e la visibilità. Da un lato quella della invisibilità può essere per un lavoratore/trice Lgbt una strategia adeguata ad evitare le discriminazioni nel breve-medio periodo ma allo stesso tempo, dall’altra parte essa può tramutarsi in vulnerabilità nei casi in cui si concretizzassero dei problemi di natura discriminatoria e si renderebbe quindi necessario rivolgersi a uffici competenti per ottenere un concreto aiuto. Tutte le persone discriminate sul lavoro, comprese quelle che al tempo del caso erano invisibili, raccomandano di essere ‘out’, preferibilmente fin dall’inizio.
Secondo il report di “Io Sono Io Lavoro”: “il 13% delle persone Lgbt intervistate ha visto respingere la propria candidatura ad un posto di lavoro in ragione del proprio orientamento sessuale, valore che sale al 45% per le persone transessuali. Mentre, il 4,8% riferisce di essere stato ingiustamente licenziato a causa del proprio orientamento sessuale o identità di genere. Infine, il 19,1% denuncia di aver subito un trattamento ingiusto sul luogo di lavoro”.
Come riporta il vademecum pubblicato da Uil: il D.lgs 9 luglio 2003, n. 216 identifica 3 diverse tipologie di discriminazione:
Il Decreto “protegge” le persone dalle discriminazioni nei seguenti ambiti lavorativi:
La Legge 183 del 2010 estende il principio di non discriminazione nel mondo del lavoro pubblico e privato, anche in riferimento all’orientamento sessuale. Inoltre la Legge sulle Unioni civili e le coppie di fatto (Legge Cirinnà 76/2016) è intervenuta anche in materia di trattamento di fine rapporto (TFR) prevedendo che in caso di morte del lavoratore la stessa vada corrisposta alla parte dell’unione civile.
Oltre alle discriminazioni dirette subite dai lavoratori Lgbt, esistono una serie di percezioni di un clima ostile e sfavorevole al buon compimento del proprio lavoro: percezioni che finiscono con il tempo per condizionare molte persone a fare coming out sul posto di lavoro.
Per favorire l’inclusione e la valorizzazione delle persone Lgbt presenti in azienda, una delle vie da percorrere è sicuramente l’inserimento negli accordi integrativi del riconoscimento e l’estensione di alcuni diritti. Alcuni punti base di questi accordi possono essere identificati nei seguenti step:
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